Chiacchierata accanto al fuoco - Ben Thompson e le illustrazioni

Chiacchierata accanto al fuoco - Ben Thompson e le illustrazioni

Il capo illustratore Ben Thompson, grazie al suo lavoro, ha reso vivo e fisico il feeling di Hearthstone. In questo blog, Ben condividerà con noi le sue riflessioni sul processo creativo e sull'approccio artistico di una delle più importanti componenti visive di Hearthstone... le carte stesse!

­L'approccio di Hearthstone ai giochi di carte collezionabili è piuttosto insolito, quindi è naturale che anche l'aspetto artistico abbia seguito le stesse orme. Diversi ragionamenti e considerazioni stanno alla base di un gioco di questo tipo: come appare, quali sensazioni dà e, soprattutto, come funziona visivamente. Per noi era assolutamente fondamentale che Hearthstone avesse un impatto visivo di gioco tanto piacevole quanto epico.

Questo è il primo blog che analizza Hearthstone da un punto di vista artistico, e abbiamo pensato che sarebbe stato interessante tornare indietro e dare uno sguardo alle motivazioni che hanno portato a effettuare tali scelte stilistiche. In primo luogo, ovviamente, le carte collezionabili stesse.

All'inizio dello sviluppo, le discussioni convergevano sulla necessità di rendere le carte collezionabili di questo gioco le più avvincenti possibili. Dopo tutto, le carte rappresentano i servitori che compongono il vostro esercito, le armi e le magie con cui combattete, e anche gli eroi stessi. Tutto questo e altro ancora rende le carte collezionabili una delle componenti visive più importanti del gioco.

All'inizio non c'erano limiti o regole stringenti da rispettare, solo il desiderio di seguire gli spunti che ci sembravano portare a delle buone conclusioni. La chiave è stata interagire in fretta e non lasciare mai che nessuna idea diventasse troppo importante. Tutto questo ha portato alla creazione di oggetti di vario tipo: bambole vudù, aggeggi meccanici, barattoli magici, pozzi lunari e persino servitori di carta. Tutti questi pezzi venivano giudicati, rispetto alla loro funzionalità di gioco, considerando soprattutto i relativi punti a favore e a sfavore.

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Mentre valutavamo pro e contro di questi tentativi iniziali, abbiamo imparato molto su cosa volevamo e cosa non volevamo dalle nostre carte collezionabili. Il nostro desiderio era che sembrassero oggetti concreti, fisici, che sembrassero preziosi. Ma sapevamo anche che il gioco doveva assolutamente dare l'impressione di provenire direttamente da Azeroth. Frasi come "epicamente affascinante" e "deliziosa sorpresa" hanno cominciato a comparire nel nostro vocabolario di gioco, e alcuni di quei primi tentativi si sono rivelati la chiave di volta per il successo.

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In seguito abbiamo provato a disegnare il motivo conduttore delle carte, concentrandoci su un design semplice, facile da interpretare. Si trattava di un design assai simile a molte delle versioni di giochi di carte collezionabili di oggi, tranne per il fatto di non essere vincolati all'effettiva produzione di quegli oggetti reali, cosa che ci ha resi liberi di utilizzare i materiali più preziosi. Dal punto di vista della leggibilità, l'obiettivo era stato raggiunto, ma mancava ancora quella scintilla di "meraviglioso" che stavamo cercando per completare la definizione di base del gioco. L'assoluta importanza visiva delle carte era stata comunque confermata. A livello di intuito, tutti sanno che cos'è una carta e come funziona, e vorremmo continuare a sfruttare questa conoscenza innata nei progetti futuri.

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Abbiamo sperimentato una gran varietà di materiali rari e strani, sovrapponendoli l'uno sull'altro e creando intricati pezzi d'artigianato che avrebbero fatto digrignare i denti per l'invidia ai migliori artigiani di Azeroth. Purtroppo, invece, eravamo noi a digrignare i denti, perché era possibile usare solo un paio di quei materiali alla volta nello spazio di gioco. In ogni caso, erano talmente complessi che rischiavano di rubare l'attenzione ad altre fondamentali parti della carta stessa: i punti di attacco, di salute e il costo.

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Poi, per la prima volta, ci siamo chiesti: "E se le carte cambiassero aspetto dopo che sono state messe sul campo di gioco?" Abbiamo anche sperimentato delle carte con un tema visivo che richiamasse la razza del personaggio rappresentato nella carta. Qui sotto potete vedere un paio di esempi con uno Gnomo e un Elfo della Notte. Inoltre, abbiamo fatto anche dei primi tentativi con le magie e le armi. Il tabellone risultante finiva per essere un po' opprimente per i giocatori, che si trovavano davanti agli occhi una disarmante quantità di elementi artistici da analizzare. Comunque, ci piaceva il modo in cui il cambio di stato si manifestava nello spazio digitale e abbiamo lavorato duramente per integrarlo nelle versioni successive.

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Infine, ci siamo chiesti quali fossero le informazioni più importati per il giocatore: i valori numerici, il nome della carta e il disegno della carta. Una volta definiti questi tre elementi, tutto il resto poteva essere considerato come un'aggiunta. Definiti questi parametri fondamentali, abbiamo lavorato a un design che soddisfacesse tutti e tre i requisiti e contemporaneamente mantenesse l'esperienza di gioco più semplice possibile. Il risultato è stato un successo e, alla fine, è diventato la base della collezione così come la conosciamo oggi.

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Eccovi serviti! Vi abbiamo accompagnato in un veloce tour delle difficoltà che la squadra di sviluppo di Hearthstone ha dovuto affrontare dal punto di vista artistico. Ecco i servitori, le magie e le armi che vedete oggi in gioco. Naturalmente, non c'è voluto molto prima che la squadra si chiedesse quale aspetto avrebbero dovuto avere le carte "premium". Dopo tutto, con la libertà offerta dallo spazio digitale, potevamo fare così tante cose...  placcare le carte di oro zecchino... animarne le figure...

Ma questa è un'altra storia.

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-Ben Thompson, capo illustratore di Hearthstone

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